Descriversi è un compito più semplice di quanto si pensi. La reattività alle richieste di informazioni personali non è elevata e spesso ci perdiamo in spiegazioni inutili, noiose e off topic. Uno dei problemi principali sta nella mancata comprensione dei fini della domanda.
Le domande indirette sono fatte per acquisire dati ulteriori poiché forniti in maniera non del tutto conscia. Per rispondere al meglio bisogna decifrare mentalmente tali richieste e capire cosa vuol sapere di noi l’interlocutore. Ad esempio, in un colloquio di lavoro non ti verrà chiesto “Sai svolgere la mansione? Vuoi fare questo lavoro? Farai questo lavoro? Hai una filosofia/cultura adatta a questo tipo di impiego?“, ma lo scopo delle domande sarà quello: accertarsi se siamo adatti a ricoprire quel ruolo.
Una volta compreso il fine della domanda, non resterà che fornire, sempre in maniera indiretta, una risposta adeguata: dare garanzie di affidabilità, senza tuttavia mentire. La comunicazione è multimodale: dobbiamo cercare di tenere conto del linguaggio verbale, paraverbale e non verbale. Stiamo dunque attenti all’immagine che mostriamo, alle parole e al tono di voce che usiamo. La mancata gestione di una delle suddette modalità porterà al fallimento del nostro discorso orale.
Certo, l’emotività e l’improvvisazione sono delle componenti importanti, ma bisogna orientarle preparandosi un “Elevator pitch“. Chi parla con noi spesso è distratto e bisogna attirare la sua attenzione. Ci facciamo un’idea delle persone già nei primi 8 secondi e una presentazione efficace deve essere condensata in 30, massimo 60 secondi. Parlare al presente, spiegare cosa sappiamo fare e i ruoli di responsabilità ricoperti è il biglietto da visita migliore. Vale per un colloquio di lavoro, ma anche per la vendita di un prodotto o semplicemente per fare bella figura con una persona che ci interessa.
Sei pronto a spiegare a uno sconosciuto chi sei? Fai questo esperimento, anche mentalmente e facci sapere;)
Foto di Ryan McGuire da Pixabay