Roma 13-06-2023. Continua la sfida che abbiamo lanciato a marzo 2023 sul nostro giornale online nel chiedere all’Intelligenza Artificiale di rielaborare dati per scrivere articoli su argomenti di attualità.
Ecco che a partire dai dati pubblicati recentemente sul sito di Confindustria nell’articolo “ La crescita dell’Economia Italiana prosegue nel 2° semestre, ma a ritmi più moderati” abbiamo chiesto al ChatBot GPT di rivedere quei dati e produrre un nuovo articolo, con i risultati che potrete leggere dal prossimo capoverso.
La crescita economica dell’Italia è proseguita nel secondo trimestre, anche se a un ritmo più lento, trainata dal settore dei servizi, mentre il settore industriale è rimasto resistente. L’inflazione persiste come previsto, i tassi di interesse aumentano e i prestiti diminuiscono. I consumi mostrano segnali contrastanti, mentre gli investimenti registrano una crescita modesta. Le aziende manifatturiere hanno risorse limitate per gli investimenti, visti i margini di profitto ridotti. L’Eurozona è debole, l’industria statunitense si sta riprendendo, la Cina sta rallentando e l’India sta crescendo.
Economia italiana e internazionale in breve
- Stabilizzazione della crescita: Il secondo trimestre del 2023 è iniziato con alcuni segnali deboli per l’Italia dopo un buon inizio d’anno. La situazione è solida nei servizi ma meno nell’industria e nelle costruzioni. L’indice RTT (elaborato da CSC e TeamSystem) mostra un rallentamento dei ricavi in tutti i settori ad aprile. Il calo dei prezzi del gas è una forte spinta positiva, ma i consumi rimangono appesantiti dall’inflazione, gli investimenti dal costo del credito e le esportazioni stanno rallentando a causa del rallentamento globale.
- Inflazione persistente come previsto: L’inflazione italiana ha arrestato il suo declino ad aprile (+8,2% a/a, in aumento rispetto al +7,6%), ma la tendenza al ribasso continuerà grazie al calo del prezzo del gas (34 euro/mwh a maggio) e agli effetti sempre più pieni dei rialzi dei tassi di interesse. I prezzi dei generi alimentari rimangono sotto pressione (+11,8%), ma anch’essi si raffredderanno gradualmente, dato che i prezzi delle materie prime sono costosi ma senza ulteriori aumenti (+49% dal 2019 ad aprile). La dinamica dei prezzi dei beni e servizi al consumo di base continua a salire (+4,9%), incorporando i passati aumenti dei prezzi dell’energia.
- Tassi di interesse più alti, prestiti più bassi: Il tasso di interesse pagato dalle imprese italiane per i prestiti è balzato al 4,30% a marzo, più del triplo rispetto al livello di fine 2021 (1,18%). Il credito a condizioni molto più onerose fa sì che lo stock di prestiti alle imprese si riduca sempre di più (-1,0% a/a a marzo), quindi viene a mancare il sostegno alla produzione e agli investimenti. L’inasprimento segue l’aumento del tasso della BCE (salito al 3,75% a maggio), che sembra aperto a nuovi possibili aggiustamenti: i futures prevedono un ultimo rialzo dello 0,25 entro settembre. In Italia, il BTP rimane stabile ad un livello elevato (4,17% in media a maggio, ma 4,41% il 26 maggio).
- I servizi trainano la crescita: Il turismo in Italia nel primo trimestre è stato molto più alto rispetto al 2022 (+30,7% la spesa dei viaggiatori stranieri), intorno ai livelli del 2019. Ad aprile, il PMI dei servizi è aumentato ancora di più, indicando una forte crescita (57,6 da 55,7), anche se la fiducia delle imprese è scesa a maggio. Il settore beneficia ancora della domanda repressa delle famiglie liberata dalle riaperture post-Covida.
- L’industria rimane resistente: La produzione ha continuato a diminuire a marzo (-0,6%), il terzo calo consecutivo, ma ha chiuso il primo trimestre solo leggermente in negativo (-0,1%) grazie alla buona eredità di dicembre. Le prospettive stanno peggiorando: il PMI di aprile è sceso bruscamente in territorio di contrazione (46,8 da 51,1). A maggio, la fiducia delle imprese è scesa ancora: meno ordini, minori aspettative per la produzione. La domanda estera non tira più: Le esportazioni di beni italiani si fermeranno in media nel primo trimestre del 2023.
- Segnali contrastanti per i consumi: Le vendite di beni alimentari hanno continuato a diminuire a marzo (-0,7% in volume), mentre le immatricolazioni di auto hanno iniziato a riprendersi all’inizio dell’anno, grazie a una domanda favorevole dopo molti mesi di contrazione (+9,7% nei primi 4 mesi). Un fattore positivo è il mercato del lavoro, che ha continuato ad espandersi nel primo trimestre (+80.000 occupati). Per il mese di aprile, il CPI segnala una leggera crescita dei consumi (+0,2% a/a), trainata solo dai servizi (+4,5%). A maggio, le valutazioni delle famiglie sulla propria situazione economica e sulla fiducia in generale sono leggermente peggiorate.
- Investimenti: In crescita modesta: l’aumento della produzione di beni capitali (+0,3% nel primo trimestre) delinea buone prospettive per gli investimenti. Ciò è confermato dall’indagine sulle condizioni di investimento, che prevede un miglioramento (-18,1% nel primo trimestre, da -30,2%; Banca d’Italia).
- Debolezza nell’Eurozona: La produzione industriale dell’area è scesa a marzo (-4,1%), portando il primo trimestre in territorio negativo (-0,2%). Il settore manifatturiero, in particolare, è diminuito (-0,7% nel primo trimestre), rimanendo al di sotto dei valori di inizio 2021. Il gap dell’Italia è leggermente positivo da allora (+0,1%), ma il gap accumulato in Germania (-1,3%) è ampio. Il PIL della Germania è sceso dello 0,3% nel primo trimestre. Ad aprile, il PMI manifatturiero è sceso a 44,6, indicando un ulteriore rallentamento, compensato dalla crescita dei servizi (56,2).
- L’industria statunitense si sta riprendendo: Il PIL del primo trimestre è aumentato dello 0,3%, meglio del previsto (ma peggio del previsto). grazie alla crescita di consumi e export, mentre calano gli investimenti. In aprile, l’industria ha mostrato una buona performance: +0,5% la produzione, dopo la stasi degli ultimi due mesi (+0,5% l’acquisito per il 2° trimestre, dopo due cali consecutivi); in risalita anche il PMI manifatturiero (50,2 da 49,2), l’indice dei Direttori degli acquisti di Chicago (48,6 da 43,8) e l’ISM manifatturiero (47,1 da 46,3).
- Frena la Cina.In India (ma anche in Russia e Turchia) si registra un clima espansivo in aprile: produzione e nuovi ordini spingono l’occupazione e smaltiscono quelli arretrati. Sulle prospettive però pesano l’alto costo degli input produttivi e i ritardi nelle catene di fornitura. La manifattura brasiliana subisce, invece, un calo marcato, mentre in Cina si ha una frenata, ma senza finora intaccare la fiducia.
Il calo dei profitti
Inflazione dai profitti? La BCE ha recentemente evidenziato nel suo bollettino mensile che, con lo shock energetico del 2022, i profitti delle aziende europee, solitamente pro-ciclici, sono aumentati, riflettendo i prezzi di vendita che hanno cavalcato l’aumento dei prezzi del gas e dell’elettricità, crescendo più dei costi. L’anno scorso, quindi, in Europa si è registrata una componente inaspettata e poco frequente di inflazione derivante dai profitti. Se questa componente dovesse essere persistente, potrebbe ostacolare il calo dell’inflazione nel 2023, richiedendo tassi di interesse più elevati per un periodo più lungo. In questo focus verifichiamo se questo vale anche per l’Italia.
Margini nell’Eurozona. Partendo dalla scomposizione del deflatore del PIL (del valore aggiunto, per i singoli settori), preso come misura dell’inflazione di origine interna (inflazione core), come somma dei profitti unitari e del Clup, dove i profitti sono misurati dal margine operativo lordo, calcolati sui dati trimestrali di Eurostat, come fatto dalla BCE, risulta che: per l’aggregato dell’Eurozona, nel 2022 c’è stato effettivamente un forte aumento dei profitti unitari (+8,1% in media nel 2021; stime CSC). In particolare, sono aumentati in modo significativo nei settori del commercio (+19,4%), delle costruzioni (+17,6%) e dell’estrazione di energia (+43,4%). Nel settore manifatturiero, i profitti unitari sono aumentati meno rispetto agli altri settori, ma comunque in modo significativo (+10,3%). Nei servizi, invece, si è registrata una sostanziale stabilità (-0,4%, esclusa la PA). Ciò riflette le evidenze della BCE e fornisce la base per le sue osservazioni sull’intera Eurozona, che è l’aggregato a cui si riferiscono le sue analisi e le sue decisioni di politica monetaria per mandato.
L’Italia è diversa. La dinamica dei profitti unitari in Italia è stata molto diversa. Per l’economia totale, la crescita è molto più bassa rispetto all’Eurozona: +3,5% nel 2022 rispetto al 2021. I settori che hanno registrato aumenti significativi sono quello energetico-estrattivo e quello commerciale (+8,0%). Al contrario, in Italia, sia i servizi (-2,6%) che le costruzioni (-3,8%) hanno registrato un calo dei profitti unitari, mentre il settore manifatturiero ha subito un forte calo (-8,1% in media nel 2022), nonostante la ripresa dell’ultimo trimestre. Pertanto, la tesi secondo cui l’aumento dei profitti ha alimentato l’inflazione non si applica pienamente all’Italia. I dati Istat sul markup del settore manifatturiero forniscono la stessa indicazione: un calo dall’inizio del 2021, con una ripresa solo parziale alla fine del 2022. Una recente analisi della Commissione UE, contenuta nell’ultimo Outlook, giunge a risultati simili: mostra che in tutti i Paesi europei, nel 2022, i profitti unitari hanno contribuito notevolmente al balzo dell’inflazione (cioè alla crescita del deflatore del PIL), tranne che in Italia.
Possibili ragioni. Diversi fattori possono spiegare la minore dinamica dei margini in Italia: maggiore aumento dei costi energetici; minori dimensioni delle aziende, che potrebbero limitare il potere di mercato; maggiore peso dei settori a valle, a contatto con i consumi compressi; strategie di prezzo volte a sostenere i volumi.
Freno agli investimenti. L’erosione dei margini nel settore manifatturiero può rallentare la crescita degli investimenti in Italia perché riduce la capacità delle aziende di autofinanziarsi. Inoltre, la liquidità sta diminuendo (-43 miliardi di depositi a marzo da luglio 2022) e il credito bancario è in calo. Pertanto, nei bilanci delle aziende italiane non ci sono risorse facilmente utilizzabili per finanziare nuovi investimenti. E gli investimenti privati, in Italia come in altre economie avanzate, sono effettuati principalmente dalle aziende (73%) e solo in parte dalle famiglie (27%; pari a 265 e 99 miliardi di euro nel 2022, su un totale di 364).
Da questo capoverso la rielaborazione richiesta al ChatBot GPT termina ed il risultato finale è una revisione dell’articolo proposto da Confindustria, nemmeno troppo fantasiosa o creativa, ma che lascia la struttura sostanzialmente invariata e per questo attendibile in ciò che racconta e nei dati che riporta.
L’articolo è interessante, così come lo sono i dati, reali, della nostra economia, che si è ben difesa anche nel secondo trimestre del 2023, in controtendenza rispetto a buona parte dei nostri partner europei e anche in confronto con altri Paesi a livello globale (vedi il caso dello stop del colosso cinese), grazie soprattutto al settore del terziario e dei servizi, che assorbe il minor apporto offerto questa volta dalla manifattura, che risente della congiuntura sfavorevole e dell’aumento dei tassi di interesse che stanno facendo frenare i nuovi investimenti.
Tutto sommato un risultato inaspettato, anche dagli analisti più attenti, chissà se possiamo ancora ben sperare per un 2023 che ci veda con segno più davanti al risultato del PIL nonostante le tante difficoltà che negli ultimi anni il nostro sistema produttivo e dei consumi sta attraversando?