Fra le cause della sospensione o contrazione dell’innovazione vi è stata l’emergenza sanitaria che ha interessato il 64,8% delle aziende con attività innovative, in particolare le più piccole (66,7% contro il 50,2% delle grandi).
L’Industria si conferma il settore più dinamico (58,5% di imprese con attività innovative) ma anche il più colpito dal calo degli investimenti in innovazione (-7,2 punti percentuali sui tre anni precedenti) soprattutto tra le piccole imprese.
Nei Servizi rallenta l’innovazione (-3,8 p.p.) e colpisce le grandi imprese (-8,0 p.p.).
26,8%
La quota di imprese che hanno innovato i prodotti
-4 punti percentuali rispetto al 2016-2018
| 40,3%
La quota di imprese innovatrici attente alla tutela dell’ambiente | 55,6%
La quota di imprese con attività innovative che hanno introdotto per la prima volta il lavoro a distanza nel 2020
Il 51,2% tra le piccole imprese. |
La rilevazione Cis (Community Innovation Survey), svolta tra ottobre e dicembre 2021, fornisce un ricco set di indicatori sulle attività di innovazione delle imprese con almeno 10 addetti nel triennio 2018-2020.
Questa edizione dell’Indagine consente di cogliere in modo approfondito l’impatto della pandemia sulla scelta di innovare o meno, sugli investimenti in nuovi prodotti e nuovi processi e sui risultati economici generati dalle innovazioni.
La rilevazione evidenzia come la crisi associata all’emergenza sanitaria abbia ridotto pesantemente la propensione a innovare delle imprese (soprattutto medie e grandi) e causato un crollo delle spese per l’innovazione, confermando quanto emerso dalle Indagini Istat sulla “Situazione e prospettive delle imprese nell’emergenza sanitaria” riguardo al differimento/annullamento dei piani di investimento, dichiarato da oltre un quinto delle medie e grandi imprese.
Le stime della Cis segnalano, d’altra parte, come la crisi abbia impresso una spinta importante all’adozione di nuovi modelli organizzativi interni con l’introduzione di nuove tecnologie digitali nel campo dell’organizzazione del lavoro: il lavoro a distanza (smart working), come modalità di gestione del personale a causa dell’emergenza sanitaria, è stato introdotto in più della metà delle imprese con attività innovative.
Quanto accaduto nel 2020 ha determinato un profondo cambiamento nella struttura produttiva e più in generale nei comportamenti e nelle decisioni delle imprese e le dinamiche del triennio 2018-2020 vanno dunque lette alla luce degli eventi del primo anno della crisi sanitaria.
Nel triennio 2018-2020 si riduce la propensione all’innovazione delle imprese
Nel triennio 2018-2020 si stima che il 50,9% delle imprese industriali e dei servizi con 10 o più addetti abbia svolto attività finalizzate all’introduzione di innovazioni. Rispetto al periodo precedente
(2016-2018), la quota di imprese innovatrici si è ridotta di circa 5 punti percentuali (Figura 1)[i].
Si conferma la tendenza crescente della propensione all’innovazione[ii] all’aumentare della dimensione aziendale (dal 48,4% nella classe 10-49 addetti, al 65,7% in quella 50-249 addetti e al 76,0% nelle imprese con 250 addetti e oltre), ma la contrazione degli investimenti in innovazione rispetto al
2016-2018 interessa tutte le imprese, indipendentemente dalla loro dimensione (le piccole imprese -4,8 punti percentuali, quelle di media dimensione -5,7 p.p. e le grandi -5,0 p.p.)[iii].
PRINCIPALI INDICATORI DI INNOVAZIONE DELLE IMPRESE
Anni 2018-2020, valori percentuali sul totale delle imprese (salvo diversa indicazione)
MACRO-SETTORI E CLASSI DI ADDETTI | Imprese con attività innovative* | Imprese innovatrici** | Imprese che hanno introdotto nuovi prodotti | Imprese che hanno introdotto nuovi processi | Imprese innovatrici che cooperano con l’esterno*** | Spesa per l’innovazione per addetto (mgl euro)** Anno 2020 | |||||||
Industria in senso stretto | 58,5 | 50,9 | 32,2 | 48,1 | 24,5 | 8,3 | |||||||
Costruzioni | 38,2 | 35,3 | 18,1 | 33,8 | 8,5 | 4,4 | |||||||
Servizi | 47,2 | 44,0 | 24,1 | 42,0 | 20,7 | 5,6 | |||||||
10-49 addetti | 48,4 | 43,5 | 25,0 | 41,2 | 18,7 | 6,9 | |||||||
50-249 addetti | 65,7 | 59,8 | 37,4 | 57,6 | 31,8 | 5,9 | |||||||
250 addetti e oltre | 76,0 | 70,2 | 49,5 | 67,7 | 48,0 | 7,4 | |||||||
Totale | 50,9 | 45,9 | 26,8 | 43,6 | 21,4 | 6,9 | |||||||
(*) Attività innovative completate, in corso o abbandonate alla fine del 2020.
(**) Fa riferimento alle imprese che hanno introdotto con successo, sul mercato o all’interno dell’azienda, innovazioni di prodotto o processo nel triennio 2018-2020.
(***) % sul totale delle imprese con attività innovative.
Anche nell’Industria l’innovazione perde colpi
Con il 58,5% di imprese impegnate in investimenti innovativi, l’Industria[iv] resta il settore con la maggiore propensione all’innovazione ma registra un crollo pari a -7,2 punti percentuali. Anche il settore dei Servizi subisce un calo ma più contenuto (-3,9 punti.). In controcorrente le Costruzioni, in cui le attività innovative sono in aumento (+3,3 p.p.).
La propensione all’innovazione delle imprese appare diversificata sia nel settore dell’Industria che in quello dei Servizi. Aumenti importanti si registrano nella quota di imprese del settore Ricerca & Sviluppo (+9,6 p.p.), nella fabbricazione di apparecchiature elettriche (+5,8 p.p.), nel commercio al dettaglio
(+5,7 p.p.) e nelle attività di direzione aziendale e di consulenza gestionale (+5,6 p.p.). Segnali di tenuta si hanno nell’industria dei mobili, in quella automobilistica e nell’elettronica (rispettivamente +1,2, +0,4 e +0,3 punti) mentre si riduce la quota di imprese che hanno sostenuto investimenti innovativi nell’industria farmaceutica (-0,9 p.p.).
Nel periodo 2018-2020 le imprese con attività innovative possono definirsi innovatrici nella maggior parte dei casi, hanno cioè introdotto con successo, sul mercato o all’interno dell’azienda, almeno un’innovazione di prodotto o di processo (45,9% del totale delle imprese). Tuttavia, anche la quota di imprese innovatrici diminuisce (-3,8 p.p.), sebbene in misura inferiore rispetto alla più ampia categoria delle imprese con attività innovative (per le quali il processo innovativo non ha prodotto risultati nel triennio considerato).
La capacità di sviluppare e introdurre innovazioni con successo è più diffusa tra le grandi imprese (70,2%) rispetto alle piccole (43,5%). Tuttavia, rispetto al periodo 2016-2018, le prime registrano un andamento peggiore rispetto alla media (-6,2 punti contro -3,8 delle piccole imprese). A subire le maggiori perdite è l’Industria (-7,8 punti percentuali tra gli innovatori di successo) e, in particolare, la manifattura (-8,0 punti). Il calo è più contenuto nel settore dei Servizi (-2,0 punti), mentre nelle Costruzioni, in controtendenza rispetto all’andamento generale, si registra una crescita sensibile
(+6,0 punti, passando dal 29,3% al 35,3%).
Scarso l’investimento nello sviluppo di nuovi prodotti
Continua a prevalere la tendenza delle imprese italiane a innovare i processi aziendali piuttosto che sviluppare nuovi prodotti per il mercato[v] (43,6% contro 26,8%), ma rispetto al triennio 2016-2018 diminuisce sia la quota di imprese che realizzano innovazioni di prodotto (-4,3 punti) sia di quelle che investono in nuovi processi (-3,8 punti).
A livello dimensionale, nelle piccole imprese gli investimenti in nuovi processi riguardano il 41,2% delle unità e quelli in nuovi prodotti solo il 25,0%. L’impegno è maggiore tra le imprese di fascia intermedia (rispettivamente il 57,6% e il 37,4%) e raggiunge i livelli massimi nelle grandi (67,7% e 49,5%).
Figura 1. Imprese CON ATTIVITà innovatIVE per settore economico e dimensione aziendale.
Anni 2018-2020 e 2016-2018, valori percentuali sul totale delle imprese
Fonte: Istat, Rilevazioni sull’Innovazione nelle Imprese
Tra i settori, le imprese industriali sono più orientate allo sviluppo di nuovi processi (48,1%) e nuovi prodotti (32,2%) rispetto a quelle attive nel settore dei Servizi (42,0% nuovi processi e 24,1% nuovi prodotti).
Le tipologie di innovazioni di processo sono molto diversificate e si riferiscono a svariati aspetti delle attività aziendali[vi]. Quelle più frequenti si riferiscono ai sistemi informativi (25,6% delle unità), all’organizzazione del lavoro e alla gestione delle risorse umane (24,3%) e alle innovazioni impiegate nei processi di produzione (21,4%). Meno diffuse, invece, sono le innovazioni introdotte nella logistica, distribuzione e fornitura dei prodotti (16,3%) e quelle che interessano l’intera organizzazione aziendale e le relazioni con l’esterno (17,3%).
Maggiore la qualità dell’innovazione ma debole l’impatto sull’economia
A fronte del calo generale degli investimenti nell’innovazione, nel 2018-2020 si rafforza la componente più radicale degli innovatori, ossia quella composta da imprese che sviluppano e vendono prodotti innovativi per il mercato e originali rispetto ai prodotti delle imprese concorrenti. Questi innovatori costituiscono il 14,6% delle imprese e la quota aumenta di oltre sei punti percentuali rispetto al periodo precedente[vii] (Figura 2).
Indipendentemente dal settore economico di appartenenza, protagoniste di queste innovazioni sono le grandi imprese, il 28,6% delle quali ha introdotto prodotti nuovi sul mercato, soprattutto quelle attive nell’Industria (39,5%). Tuttavia, l’aumento interessa anche le piccole imprese che raddoppiano passando dal 6,6% al 13,6%.
Nonostante l’impegno in innovazioni di prodotto originali, i ritorni in termini di fatturato derivanti dalla vendita di prodotti nuovi non sono rilevanti nel 2020. La quota di fatturato attribuita alla vendita di innovazioni è pari al 12,2% (-8 p.p. rispetto al 2018)[viii] e solo il 3,8% è associato alla vendita di prodotti “nuovi per il mercato”, cioè introdotti per la prima volta dall’impresa sul suo mercato di riferimento
(-6,6 p.p.).
Importanti differenze si rilevano a livello dimensionale: la quota di fatturato associata alle innovazioni di prodotto è pari all’8,6% nelle piccole imprese, mentre sale al 15,2% nelle grandi imprese. Le differenze si riducono nella quota di fatturato derivante dalla vendita di prodotti nuovi per il mercato: per le piccole imprese è il 3,2% contro il 4,5% delle grandi.
Nel 2020, le più penalizzate sono le grandi imprese, per le quali si stima una caduta del fatturato derivante dalla vendita di prodotti innovativi (anche di quelli originali) di oltre 13 punti percentuali. Una diversa tendenza caratterizza le piccole imprese, che non subiscono forti penalizzazioni sul fatturato associate alla vendita di prodotti innovativi (-0,7 p.p.), ma ottengono un aumento del fatturato derivante da prodotti originali (+1,9 p.p.).
FIGURA 2. Imprese che innovaNo i prodotti per macrosettore E classe di addetti.
Anni 2018-2020 e 2016-2018, valori percentuali sul totale delle imprese
Imprese che hanno innovato i prodotti | Imprese che hanno introdotto sul mercato prodotti originali |
Fonte: Istat, Rilevazioni sull’Innovazione nelle Imprese
Un innovatore su tre realizza prodotti e processi nuovi collaborando con l’esterno
Nello sviluppo di nuovi prodotti e processi la collaborazione con soggetti esterni, che permette di far leva su nuove risorse economiche e conoscitive e non soltanto su quelle interne alle imprese, è ancora poco diffusa.
Non fa ricorso alla collaborazione con l’esterno, ma sviluppa innovazioni avvalendosi delle proprie risorse la maggior parte delle imprese innovatrici: il 72,6% degli innovatori di prodotto e il 74,2% degli innovatori di processo (Figura 3)[ix]. Solo un terzo degli innovatori innova collaborando con altri soggetti (imprese o soggetti pubblici e privati, quali Università, centri di ricerca e settore non profit), mentre meno del 20% acquista innovazioni realizzate all’esterno (la maggior parte provenienti da altre imprese). Infine, solo il 12,6% degli innovatori di prodotto e il 9,0% degli innovatori di processo realizzano innovazioni adattando o modificando prodotti o processi già esistenti (cioè sviluppati da altri).
All’aumentare della dimensione aziendale cresce sensibilmente la quota di imprese che optano per forme di collaborazioni esterne, passando dal 34,8% delle piccole al 59,0% delle grandi tra le innovatrici di prodotto e dal 31,6% al 57,9% nelle innovatrici di processo. Tra le grandi imprese aumenta, inoltre, l’acquisto di innovazione dall’esterno; in particolare, il 17,0% delle grandi imprese acquista nuovi prodotti/servizi dalle Università e dal mondo della ricerca (contro il 5,9% del totale delle imprese) e il 10,5% acquista nuovi processi (contro il 2,4% del totale).
Crollo degli investimenti nell’innovazione
Nel 2020 la spesa sostenuta per le attività innovative è stata complessivamente pari a 33,6 miliardi di euro, oltre un quarto in meno rispetto al 2018 (45,5 miliardi). Anche l’intensità di innovazione, calcolata come spesa per addetto, si è ridotta sensibilmente: in media è stata pari a 6.900 euro per addetto contro i 9.000 euro per addetto del 2018[x]. La spesa per addetto si riduce soprattutto nelle grandi imprese (7.400 euro contro 9.800 del 2018) e in quelle di media dimensione (5.900 euro contro 8.300 del periodo precedente), mentre si stima un calo inferiore nelle piccole imprese (6.900 euro contro 8.200).
La riduzione degli investimenti interessa tutti i settori: dai Servizi, dove si registra la caduta più importante (5.600 euro per addetto contro 8.500 del 2018), alle Costruzioni (4.400 euro per addetto contro 5.400), all’Industria, che comunque si conferma al primo posto in termini di spesa per addetto (8.300 euro per addetto contro 9.700 del 2018).
Nonostante il calo degli investimenti nell’innovazione, resta alta la spesa per addetto nei settori più innovativi dell’Industria, quali la fabbricazione di altri mezzi di trasporto (20.600 euro), l’elettronica (18.500 euro), la fabbricazione di autoveicoli (17.100 euro) e la farmaceutica (16.100 euro), e di servizi come la R&S (66.900 euro) e le telecomunicazioni (22.500 euro) (Figura 4).
FIGURA 3. Imprese innovatrici per modalità DI sviluppo dell’INNOVAZIONE, Totale e grandi imprese. Anni 2018-2020, valori percentuali sul totale delle imprese
Sviluppo di nuovi prodotti | Sviluppo di nuovi processi |
Fonte: Istat, Rilevazioni sull’Innovazione nelle Imprese
Crisi meno dura nelle imprese che puntano su R&S
La contrazione delle spese in innovazione non tocca la R&S. Le imprese innovatrici continuano a svolgere R&S interna, che si conferma la voce principale degli investimenti per l’innovazione[xi]. Rappresentano il 50,6% della spesa complessiva e, rispetto al 2018 la quota aumenta di 13,7 punti percentuali, mentre tutte le altre componenti di spesa si riducono: -2,5 p.p. la R&S esterna[xii], che copre il 9,5% della spesa complessiva e -11,1 p.p. la spesa per attività non riconducibili alla R&S[xiii], che complessivamente costituiscono il restante 39,9% della spesa totale.
In media non emergono importanti differenze a livello dimensionale, mentre tra i settori economici l’incidenza della R&S interna cresce al crescere della dimensione aziendale nelle Costruzioni (dal 36,9% delle imprese con 10-49 addetti al 64,8% in quelle con 250 addetti e oltre); una tendenza opposta si rileva nei Servizi (dal 51,1% delle piccole al 37,7% delle grandi).
Nell’Industria e nelle Costruzioni, inoltre, all’aumentare della dimensione aziendale cresce la quota delle spese per l’acquisto di R&S dall’esterno (dal 4,8% al 12,7% nel primo macro-settore e dal 2,5% al 14,5% nel secondo).
La composizione della spesa è molto diversificata a livello settoriale. I principali investitori in R&S si confermano nell’Industria, dove circa i due terzi della spesa per innovazione è destinata a tale attività, svolta all’interno dell’impresa o commissionata ad altri soggetti, e in alcuni settori quali la fabbricazione di autoveicoli, l’elettronica e l’estrattivo la R&S supera l’80% della spesa. Le altre spese per l’innovazione (cioè, quelle non destinate ad attività di R&S) sono, invece, la modalità innovativa prevalente in alcuni settori industriali a elevate economie di scala e all’interno dei servizi rappresentano oltre il 60% della spesa totale nei trasporti, nelle attività finanziarie e assicurative e nelle telecomunicazioni.
Grandi imprese più interessate agli incentivi pubblici all’innovazione
Nel triennio 2018-2020 si conferma una bassa percentuale di imprese che hanno ricevuto finanziamenti pubblici per l’innovazione (16,6% delle imprese con attività innovative) (Figura 5). La frequenza delle imprese beneficiarie aumenta tra le grandi (23,7% contro il 15,9% delle piccole imprese), soprattutto tra quelle attive nel settore dell’Industria (29,2%).
Ottengono più frequentemente i finanziamenti pubblici alcuni settori storicamente più innovativi, quali la R&S (60,5%), l’industria farmaceutica (35,0%) e l’informatica (28,7%).
Figura 4. SPESA PER INNOVAZIONE PER ADDETTO DEI SETTORI AD ALTA INTENSITÀ INNOVATIVA – INDUSTRIA IN SENSO STRETTO E SERVIZI. Anno 2020, valori in migliaia di euro (attività economiche con valori di spesa per addetto superiori alla media settoriale)
Fonte: Istat, Rilevazioni sull’Innovazione nelle Imprese
Tra i finanziatori soprattutto amministrazioni nazionali, ancora marginale l’Ue
I finanziamenti pubblici per l’innovazione sono concessi soprattutto dalle amministrazioni territoriali e centrali: nel complesso, il 9,5% delle imprese con attività innovative ha dichiarato di aver ricevuto finanziamenti da amministrazioni pubbliche centrali[xiv] e un altro 9,5% da amministrazioni regionali o locali, mentre l’1,5% o meno ha ottenuto un sostegno da parte dell’Unione europea[xv].
La dimensione di impresa e il settore economico hanno un ruolo importante nel discriminare i beneficiari, soprattutto se il finanziamento è di fonte europea: nell’Industria, ad esempio, chiare differenze emergono riguardo ai finanziamenti ricevuti nell’ambito di Horizon 2020 (ricevuti dal 10,4% delle grandi contro l’1,0% delle piccole). Dei settori più innovativi, solo la R&S accede più facilmente ai finanziamenti europei di Horizon 2020 che hanno interessato un’impresa del settore su quattro (27,4 nel triennio considerato.
Il ricorso alle agevolazioni fiscali è invece molto più frequente e riguarda il 32,7% delle imprese con attività innovative. Anche rispetto a questo tipo di sostegno pubblico, le principali beneficiarie sono le grandi imprese: 47,6% contro il 29,9% delle piccole.
A livello settoriale, è l’Industria a ricorrere di più (44,3% delle imprese) alle agevolazioni (23,1% nei Servizi e 14,8% nelle Costruzioni).
Poco frequente è anche il ricorso ad altre forme di finanziamento oltre quello pubblico: solo il 18,2% delle imprese ha richiesto e ottenuto crediti per le attività di innovazione svolte nel triennio 2018-2020. Raro risulta anche il finanziamento azionario, che tocca appena l’1,7% delle imprese con attività di innovazione. Non risulta particolarmente significativa la differenza tra piccole e grandi imprese rispetto a queste due forme di finanziamento, anche se le piccole beneficiano maggiormente dei crediti (18,9% contro il 15,6% delle grandi), mentre le grandi ricevono più frequentemente finanziamenti azionari (3,1% contro l’1,6% delle piccole).
Costante la cooperazione con altri soggetti nei processi innovativi
Non si è ridotta la quota di imprese che per superare le barriere interne dell’innovazione hanno stipulato accordi di cooperazione con altri soggetti (21,4% delle imprese con attività innovative nel 2018-2020 contro il 21,6% del 2016-2018)[xvi]. Prevalgono anche in questo le grandi imprese: dal 18,7% delle piccole (10-49 addetti), al 31,8% di quelle di media dimensione (50-249 addetti) e al 48,0% delle grandi (250 addetti e oltre).
Figura 5. Imprese beneficiarie di un sostegno pubblico per l’innovazione per tipo di intervento.
Anni 2018-2020, valori percentuali sul totale delle imprese con attività innovative
Fonte: Istat, Rilevazioni sull’Innovazione nelle Imprese
Le imprese scelgono soprattutto partner italiani: il 21,1% delle imprese contro il 4,6% delle imprese che scelgono partner stranieri (Figura 6), preferiti dalle grandi imprese (27,4% contro 3,2% delle piccole) e da una grande impresa su tre nell’Industria (33,9%). I settori industriali con la maggiore propensione alla cooperazione con partner stranieri sono il farmaceutico (22,2%) e l’elettronica (14,8%). Nei Servizi, l’apertura verso forme di cooperazione con partner stranieri è più frequente nel settore della R&S (40,2%) e nelle assicurazioni (19,4%).
I partner principali sono soggetti privati (19,8%) e, soprattutto, consulenti, laboratori o istituti di ricerca privati (15,0%) e fornitori (13,6%). Una percentuale non trascurabile è rappresentata anche dalle imprese che cooperano con le Università (6,9%). Fra queste sono coinvolte soprattutto le grandi (29,8%) che cooperano anche con altre imprese dello stesso gruppo industriale (28,1%), e oltre un terzo coopera con consulenti o istituti di ricerca privati e con i propri fornitori.
Costi elevati e concorrenza i principali ostacoli all’innovazione
Rispetto al triennio 2016-2018, la classifica degli ostacoli all’innovazione resta pressoché invariata. Costi di innovazione troppo elevati e forte concorrenza sul mercato sono i principali fattori di ostacolo all’innovazione per circa la metà delle imprese con attività innovative (Figura 7)[xvii].
Altrettanto importanti sono la domanda di mercato incerta rispetto alle innovazioni proposte e la mancanza di personale qualificato (rilevanti rispettivamente nel 40,1% e 34,5% dei casi). Un terzo delle imprese segnala anche la mancanza di risorse finanziarie interne e la presenza di altre priorità. Sono invece percepiti come relativamente meno gravi fattori quali la mancanza di partner con cui collaborare (considerata importante solo dal 21,8%) e la difficoltà di accesso alla conoscenza esterna (22,1%).
Questi fattori di ostacolo sembrano gravare molto di più sulle piccole imprese che risultano più sensibili ai costi di innovazione troppo elevati (49,7% contro 29,6% delle grandi), alla mancanza di risorse finanziarie sia interne (36,6% contro 20,2%) che esterne (28,6% contro 13,2%).
Se, in generale, i fattori di ostacolo considerati interessano tutte le imprese a prescindere dal settore di appartenenza, le imprese delle Costruzioni risentono maggiormente dei costi di innovazione troppo elevati, mentre le imprese industriali attribuiscono un maggior peso alla domanda di mercato incerta, alla forte competizione e alla mancanza di lavoro qualificato. Le imprese dei Servizi sembrano invece meno toccate dai diversi ostacoli indicati.
Figura 6. Imprese con accordi di cooperazione per l’innovazione per tipologia di partner, Totale e grandi imprese. Anni 2018-2020, valori percentuali sul totale delle imprese con attività innovative
Fonte: Istat, Rilevazioni sull’Innovazione nelle Imprese
Attenzione per l’impatto ambientale fra le imprese innovatrici
L’obiettivo di intraprendere azioni a basso impatto ambientale e di conciliare innovazione e salvaguardia dell’ambiente prende sempre più spazio all’interno delle strategie aziendali.
Nel triennio 2018-2020 il 40,3% delle imprese innovatrici ha dichiarato di aver introdotto una o più innovazioni che hanno avuto effetti positivi sull’ambiente, per il 37,0% delle imprese innovatrici gli effetti si sono tradotti in benefici ambientali per i soggetti produttori e per il 29,1% in benefici ottenuti nella fase di consumo e utilizzazione dei beni e servizi.
Gli interventi più frequenti hanno riguardato il minor consumo di energia e la riduzione delle emissioni di CO2, sia nella produzione (20,6%) che nell’utilizzo/consumo dei beni e servizi (18,4%) (Figura 8). Una quota analoga di imprese ha sostituito materiali tradizionali con materiali meno inquinanti o pericolosi (19,6%) e una lievemente più bassa ha realizzato iniziative volte alla riduzione dell’inquinamento in fase di produzione (17,9%) e consumo (16,8%). Frequenze simili si registrano per l’adozione di pratiche volte al riciclaggio dei materiali e dei rifiuti e al riciclo dell’acqua (16,5%) o al minor consumo di materiali o acqua (15,1%). Più limitato è l’impegno delle imprese nella sostituzione di combustibili fossili con risorse energetiche rinnovabili (9,0%).
Le grandi imprese sono più attente alla sostenibilità ambientale (56,1% contro 39,1% delle piccole). Le stesse differenze si rilevano nelle azioni intraprese per ridurre l’impatto ambientale all’interno delle imprese, soprattutto con riferimento al risparmio energetico e alla riduzione delle emissioni di CO2
(+19 punti percentuali delle grandi rispetto alle piccole).
L’impegno rivolto alla sostenibilità ambientale è maggiore tra le imprese innovatrici dell’Industria (45,5%) e delle Costruzioni (43,3%) che in quelle dei servizi (33,7%).
L’adozione di pratiche innovative a basso impatto ambientale rappresenta per molte imprese la possibilità di costruire una reputazione aziendale forte e positiva, obiettivo dei processi di innovazione per circa tre imprese su quattro: il 72,3% ha giudicato questo aspetto un importante driver dell’introduzione di innovazioni [xviii].
Spinte alla sostenibilità altrettanto importanti per circa due terzi delle imprese sono state gli elevati costi dell’energia, acqua e materiali (62,5%) e la necessità di rispettare la normativa vigente in materia ambientale (61,2%).
Più della metà delle imprese (55,3%) ha ritenuto le azioni e le iniziative svolte su base volontaria per la promozione e la diffusione di buone pratiche un importante fattore propulsivo per lo sviluppo o l’introduzione di innovazioni a basso impatto ambientale. La disponibilità di agevolazioni e incentivi finanziari e l’esistenza di una domanda (corrente o attesa) di innovazioni eco-compatibili sono stati considerati driver importanti da una quota minore di imprese innovatrici (rispettivamente dal 45,4% e dal 48,6%).
Figura 7. Imprese che hanno attribuito un grado di importanza MEDIO-alto ai diversi FATTORI DI ostacolO ALL’INNOVAZIONE. Anni 2018-2020, valori percentuali sul totale delle imprese con attività innovative
Fonte: Istat, Rilevazioni sull’Innovazione nelle Imprese
Dall’emergenza sanitaria forti contraccolpi sulle attività innovative
Nel 2020 oltre due terzi delle imprese (il 64,8% delle imprese con attività innovative) ha dovuto sospendere o ridurre le proprie attività innovative a causa dell’emergenza sanitaria. Di queste imprese, il 14,1% ha sospeso definitivamente tali attività, il 24,5% le ha sospese temporaneamente, il 26,2% non le ha sospese ma le ha dovute ridurre. Coprono invece solo una quota del 6,7% le imprese che sono riuscite a intensificare le attività innovative nel 2020, mentre il 28,5% non ha subito variazioni rispetto alle attività programmate (Figura 9).
Le più colpite sono le piccole imprese (con 10-49 addetti): il 66,7% ha sospeso o ridotto le attività di innovazione contro il 56,1% delle medie (50-250 addetti) e il 50,2% delle grandi (250 addetti e oltre). Il 15,1% ha sospeso definitivamente le attività di innovazione (rispetto al 9,6% delle medie e al 5,2% delle grandi). Al contrario tra le grandi imprese non ha subito variazioni il 40,9%, contro il 36,5% delle medie e il 26,7% delle piccole e l’8,9% ha in qualche modo intensificato le attività di innovazione (contro il 7,4% delle medie e il 6,5% delle piccole).
A livello settoriale, è soprattutto l’Industria ad aver sospeso o ridotto le attività di innovazione: il 70,4% delle imprese ha subito conseguenze negative a causa della crisi sanitaria (con punte massime del 72,9% nelle piccole) contro il 63,8% delle Costruzioni e il 58,1% dei Servizi.
Sembrano resistere meglio alla crisi i settori dei Servizi ad alta intensità di conoscenza: quote mediamente più basse di imprese con una sospensione o riduzione delle attività innovative si riscontrano, infatti, nelle attività finanziarie e assicurative (31,4%), nelle telecomunicazioni (42,2%) e nell’informatica (43,5%). Questi settori, insieme alle attività di direzione aziendale e consulenza gestionale e al comparto della R&S sono rimasti i più attivi durante il 2020 e con le quote più elevate di imprese senza variazioni.
Figura 8. Imprese che hanno introdotto innovazioni con effetti positivi sull’ambiente.
Anni 2018-2020, Totale e grandi imprese, valori percentuali sul totale delle imprese innovatrici
Benefici ambientali ottenuti all’interno dell’impresa | Benefici ambientali ottenuti in fase di consumo/utilizzo di beni e servizi |
*Inquinamento atmosferico, idrico, sonoro e del suolo.
Fonte: Istat, Rilevazioni sull’Innovazione nelle Imprese
Calo del fatturato in mancanza di innovazione
La sospensione/riduzione delle attività innovative nel corso del 2020 a causa dell’emergenza sanitaria ha determinato un calo sia delle spese per l’innovazione che del fatturato ottenuto dalla vendita di prodotti innovativi. Il 23,3% delle imprese che hanno sostenuto spese per l’innovazione nel 2020 dichiara di aver dovuto ridurre le spese e la maggior parte di queste per una quota importante, variabile dall’11 al 50%. Più penalizzate sono state le grandi imprese industriali: il 31,9% ha ridotto le spese per l’innovazione.
Un terzo delle imprese che hanno introdotto sul mercato prodotti innovativi dichiara di aver subito nel corso del 2020 una perdita di fatturato (e per la maggior parte dall’11% al 50%), mentre il 14,3% ha stimato un aumento del fatturato derivante dalla vendita di prodotti innovativi.
Le più colpite sono state le piccole imprese (35,1% contro 24,9% delle grandi) e soprattutto quelle industriali (36,9%). La riduzione del fatturato derivante da innovazioni di prodotto è una condizione diffusa in tutti i settori, con quote più elevate nei trasporti (49,3%), nella fabbricazione di altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (47,2%) e nel settore dell’abbigliamento e articoli in pelle (45,9%).
Oltre la metà delle imprese con attività innovative (55,6%) dichiara di avere introdotto il lavoro a distanza (smart working) come nuova misura di gestione del personale a causa dell’emergenza sanitaria; in particolare, di queste il 31,1% l’ha adottato solo per i dipendenti, il 21,9% per i dipendenti e i collaboratori esterni, mentre appena il 2,7% lo ha applicato ai soli collaboratori esterni. Importante la dimensione dell’imprese: se lo smart working è stato adottato per la prima volta dal 51,2% delle piccole imprese (10-49 addetti), questa percentuale cresce al crescere della dimensione, arriva al 76,1% nelle imprese di media dimensione e raggiunge l’82,2% nelle grandi.
Una quota limitata di imprese con attività innovative ha ricevuto una forma di sostegno pubblico per la R&S e l’innovazione a seguito dell’emergenza sanitaria nel 2020: il 12,9% ha ottenuto un sostegno di tipo finanziario (contributi in conto capitale o in conto interessi oppure finanziamenti agevolati) e il 19,8% ha beneficiato di agevolazioni fiscali (crediti di imposta, deduzioni o detrazioni fiscali). Nel sostegno di tipo finanziario sono state agevolate le piccole imprese rispetto alle grandi (13,7% contro il 6,9%), mentre hanno beneficiato delle agevolazioni fiscali prevalentemente le grandi (23,3% contro il 18,7% delle piccole).
Figura 9. Imprese con attività innovative per EFFETTO DELL’EMERGENZA SANITARIA, macrosettore E classe di addetti. Anno 2020, valori percentuali
Fonte: Istat, Rilevazioni sull’Innovazione nelle Imprese
Glossario
Addetti: sia i lavoratori indipendenti che i lavoratori dipendenti (a tempo pieno, a tempo parziale o con contratto di formazione e lavoro), anche se temporaneamente assente (per servizio, ferie, malattia, sospensione dal lavoro, Cassa integrazione guadagni ecc.). Comprende il titolare/i dell’impresa partecipante/i direttamente alla gestione, i cooperatori (soci di cooperative che come corrispettivo della loro prestazione percepiscono un compenso proporzionato all’opera resa e una quota degli utili dell’impresa), i coadiuvanti familiari (parenti o affini del titolare che prestano lavoro manuale senza una prefissata retribuzione contrattuale), i dirigenti, quadri, impiegati, operai e apprendisti.
Attività economica (classificazione della Ateco 2007): la versione nazionale della classificazione (Nace Rev. 2) definita in ambito che, a sua volta, deriva da quella definita a livello Onu (Isic Rev. 4). La classificazione Ateco 2007 presenta le varie attività economiche raggruppate, dal generale al particolare, in sezioni (21), divisioni (86), gruppi (272), classi (615), categorie (918) e sottocategorie (1224). Diversamente dalle precedenti versioni della classificazione, non sono più presenti le sottosezioni precedentemente individuate dalle due lettere.
Cooperazione per l’innovazione: la partecipazione attiva a progetti di R&S o finalizzati all’innovazione di prodotto o di processo. Sono compresi anche i rapporti di cooperazione che si attivano con un’impresa fornitrice di un nuovo macchinario di produzione (innovazione di processo), qualora sia richiesto l’intervento tecnico di un esperto esterno ai fini dell’adattamento del macchinario al sistema produttivo dell’impresa. I progetti di cooperazione vanno svolti assieme ad altre organizzazioni pubbliche o private. Non è necessario che una tale partecipazione abbia determinato dei vantaggi commerciali immediati. È esclusa l’esternalizzazione di alcune attività.
Fatturato: comprende le vendite di prodotti fabbricati dall’impresa, le lavorazioni per conto terzi su materie prime e semilavorati di terzi, le lavorazioni e i servizi industriali su ordinazione di terzi, la vendita di merci acquistate in nome proprio rivendute senza trasformazione, gli introiti per prestazioni a terzi di servizi di carattere non industriale (commissioni, noleggi di macchinari, trasporto ecc.). Il fatturato è calcolato al lordo di tutte le spese addebitate al cliente (trasporto, imballaggio, ecc.) e di tutte le imposte indirette (fabbricazione, consumo, ecc.), ad eccezione dell’Iva fatturata ai clienti, ed al netto degli abbuoni, degli sconti e delle merci rese. Per il settore dell’Intermediazione monetaria e finanziaria il fatturato corrisponde alla somma degli Interessi attivi e proventi assimilati, dei Dividendi e delle Commissioni attive; per il settore delle Assicurazioni è rappresentato dai Premi lordi contabilizzati (ex premi emessi).
Impresa: unità giuridico-economica che produce beni e servizi destinabili alla vendita e che, in base alle leggi vigenti o a proprie norme statutarie, ha facoltà di distribuire i profitti realizzati ai soggetti proprietari, siano essi privati o pubblici. Tra le imprese sono comprese: le imprese individuali, le società di persone, le società di capitali, le società cooperative (ad esclusione delle cooperative sociali), i consorzi di diritto privato, gli enti pubblici economici, le aziende speciali e le aziende pubbliche di servizi. Sono considerate imprese anche i lavoratori autonomi e i liberi professionisti.
Impresa con attività innovative: impresa che ha dichiarato di aver svolto attività finalizzate all’introduzione di innovazioni nel triennio 2018-2020. Sono incluse: le imprese che hanno introdotto con successo almeno un’innovazione di prodotto o processo (imprese innovatrici); le imprese con attività innovative ancora in corso o abbandonate/sospese nel 2020.
Impresa innovatrice: impresa che nel triennio 2018-2020 ha introdotto con successo al proprio interno o sul mercato innovazioni di prodotto o di processo.
Innovazioni di prodotto: introduzione sul mercato di un prodotto o di un servizio nuovo, o significativamente migliorato, rispetto alla gamma di prodotti e servizi precedentemente venduti sul mercato dall’impresa. Sono da considerarsi innovazioni di prodotto: i cambiamenti significativi al design di un prodotto; i prodotti e i servizi digitali nuovi (o significativamente migliorati). Non sono innovazioni di prodotto: il commercio (la semplice rivendita) di nuovi prodotti e nuovi servizi acquistati da altre imprese; le novità di natura puramente estetica.
Innovazioni di processo: includono le innovazioni dei processi e dei metodi di produzione; innovazioni nella logistica, nella distribuzione e nella fornitura dei prodotti e servizi; innovazioni dei sistemi informativi; innovazioni dei sistemi contabili e le altre attività amministrative; innovazioni delle pratiche di organizzazione aziendale e delle relazioni dell’impresa con l’esterno; innovazioni nell’organizzazione del lavoro e nella gestione delle risorse umane; innovazioni nelle pratiche di marketing.
Prodotti nuovi per l’impresa: quei prodotti nuovi rispetto alla gamma di prodotti precedentemente venduti dall’impresa, ma sono già presenti sul suo mercato di riferimento in quanto già introdotti da imprese concorrenti.
Prodotti nuovi per il mercato: quei prodotti nuovi non solo per l’impresa, ma anche per il suo mercato di riferimento dell’impresa. Tali innovazioni, anche se sono state introdotte sul mercato per la prima volta dall’impresa rispondente, possono essere già presenti in mercati differenti da quelli in cui opera l’impresa rispondente.
Ricerca e Sviluppo (R&S): il complesso di attività creative intraprese in modo sistematico sia per accrescere l’insieme delle conoscenze (ivi compresa la conoscenza dell’uomo, della cultura e della società) sia per sviluppare nuove applicazioni a partire dalle conoscenze già esistenti. Le attività di R&S possono essere intra-muros, ossia realizzate con proprio personale e con proprie attrezzature o extra-muros, ossia commissionate ad altre imprese (anche dello stesso gruppo) o ad altre istituzioni pubbliche o private. Nella R&S sono incluse le seguenti attività: la ricerca di base (lavoro sperimentale o teorico intrapreso principalmente per acquisire nuove conoscenze sui fondamenti dei fenomeni e fatti osservabili, non finalizzato a una specifica applicazione); la ricerca applicata (lavoro originale intrapreso principalmente per acquisire nuove conoscenze e finalizzato a una pratica e specifica applicazione); lo sviluppo sperimentale (lavoro creativo sistematico, basato sulle conoscenze acquisite attraverso la ricerca e l’esperienza pratica, destinato a produrre nuovi prodotti-servizi e nuovi processi o a migliorare i prodotti-servizi e i processi esistenti).
Spese per l’innovazione: spese sostenute per l’introduzione di innovazioni. Sono incluse tutte le spese correnti (costo del lavoro, acquisto di servizi, acquisto di materiali, ecc.) e le spese in conto capitale (acquisto di macchinari e apparecchiature, software, fabbricati) sostenute nel 2020 e direttamente connesse allo svolgimento delle attività di innovazione. Sono inoltre incluse le spese per la ricerca e sviluppo (R&S), compresa le spese per l’acquisto di servizi di R&S (R&S extra-muros) che si riferiscono alle spese sostenute per l’attività di R&S commissionata ad altre imprese (anche dello stesso gruppo) o a istituzioni pubbliche o private.
Le spese per le altre attività innovative di prodotto, servizio o processo non devono contenere le spese per la R&S intra-muros e per la R&S extra-muros. In queste sono invece incluse: le spese per l’acquisto di fabbricati, macchinari, attrezzature, software finalizzate all’introduzione di innovazioni (extra R&S); le spese per l’acquisto di conoscenza da altre imprese e istituzioni pubbliche o private finalizzate allo sviluppo di innovazioni e non considerate nella R&S (ad esempio, know-how, lavori protetti da diritto d’autore, innovazioni brevettate e non brevettate, licenze d’uso, marchi); le spese di progettazione tecnica ed estetica dei nuovi prodotti e servizi, svolte all’interno o acquisite all’esterno, escluse quelle già considerate nella R&S; le spese di formazione del personale necessarie per l’introduzione di innovazioni (sono incluse sia quelle per le attività svolte internamente all’impresa sia quelle per i servizi di formazione acquisiti all’esterno. Sono invece escluse le spese di formazione del personale già considerate nella R&S); le spese per altre attività preliminari alla realizzazione di innovazioni (svolte all’interno o acquisite all’esterno), quali studi di fattibilità, attività di verifica e collaudo, ingegnerizzazione industriale, ecc. Sono incluse sia le attività svolte all’interno sia i servizi acquisiti all’esterno); le spese per il marketing delle innovazioni, comprese le ricerche preliminari di mercato, i test di mercato e la pubblicità di lancio (sono incluse sia le attività svolte all’interno sia i servizi acquisiti all’esterno).
Nota metodologica
Introduzione e quadro normativo
La rilevazione CIS (Community Innovation Survey) è realizzata sulla base del Regolamento CE
n. 2152/2019, che ne stabilisce l’obbligatorietà per gli Stati membri dell’Ue ed è finalizzata a raccogliere informazioni sulle attività di innovazione delle imprese europee. In particolare, la rilevazione fornisce un set integrato di indicatori volti a quantificare il fenomeno dell’innovazione (in termini di soggetti coinvolti e di impegno finanziario sostenuto) e a qualificare le relative attività innovative. La rilevazione si prefigge, inoltre, di analizzare le strategie, i comportamenti e le performance innovative delle imprese, i fattori di ostacolo e di supporto all’innovazione e le complesse interazioni sistemiche che si attivano tra gli attori del processo innovativo. L’obiettivo finale della rilevazione è quello di contribuire a misurare la complessità e l’eterogeneità dei processi di innovazione nelle imprese.
La rilevazione è svolta con cadenza biennale (a partire dal 2004) ed è condotta sulla base di criteri definitori e metodologie di rilevazione comuni a tutti i Paesi dell’Unione europea ed è inserita nel quadro concettuale del cosiddetto “Manuale di Oslo”, che dal 1992 rappresenta la base concettuale e metodologica per la misurazione dell’innovazione tecnologica svolta dalle imprese (OCSE/Eurostat, 2015).
In questa edizione una sezione ad hoc del questionario è stata dedicata all’impatto dell’emergenza sanitaria del 2020 sulle attività di innovazione e sui risultati economici delle imprese che hanno innovato, sull’utilizzo di modalità innovative di gestione del personale come lo smart working e sulle forme di sostegno pubblico ricevute dalle imprese per fronteggiare la crisi.
La richiesta di indicatori quantitativi e qualitativi sulle attività innovative delle imprese proviene, oltre che dalla comunità scientifica, anche dai decisori politici che richiedono informazioni sempre più ampie, affidabili e tempestive. In particolare, si fa sempre più pressante l’esigenza della Commissione europea di disporre di indicatori sui processi innovativi delle imprese europee per orientare le politiche di sostegno all’innovazione definite su scala continentale. La Cis rappresenta, infatti, uno dei principali strumenti per la sistematizzazione e l’aggiornamento degli indicatori su scienza e tecnologia utilizzati come strumenti di valutazione delle politiche dalla Commissione europea. Le statistiche prodotte dalla Cis sono ampiamente utilizzate per l’aggiornamento annuale dell’European Innovation Scoreboard, uno strumento creato dalla stessa Commissione europea per confrontare i risultati degli Stati membri dal punto di vista delle performance innovative in un quadro di monitoraggio e di valutazione delle politiche di innovazione introdotte nei singoli contesti nazionali.
Popolazione di riferimento, unità di rilevazione e di analisi
Il campo di osservazione dell’Indagine è costituito dalle imprese con almeno 10 addetti medi annui attive nel 2020 nei seguenti settori Ateco 2007: attività estrattive (B); manifatturiero (C); fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata (D); fornitura di acqua, reti fognarie, attività di gestione dei rifiuti e risanamento (E); costruzioni (F); commercio all’ingrosso e al dettaglio e riparazione di autoveicoli e motocicli (G); trasporto e magazzinaggio (H); servizi di informazione e comunicazione (J); attività finanziarie e assicurative (K); le attività professionali, scientifiche e tecniche (M, salvo la divisione 75). La popolazione interessata alla rilevazione è stata di 167.482 imprese attive nel 2020 (fonte: Archivio delle imprese attive – Asia – aggiornato al 2020).
L’unità di rilevazione e unità di analisi è l’impresa così come definita nella popolazione di riferimento.
Il disegno di campionamento
La rilevazione è campionaria per le imprese da 10 a 249 addetti e censuaria per quelle con almeno 250 addetti. Il disegno di campionamento è ad uno stadio stratificato con selezione delle unità senza ripetizione. La popolazione è stata suddivisa in strati (ossia, sottoinsiemi tra loro non sovrapposti definiti sulla base di alcune caratteristiche strutturali delle unità statistiche e all’interno dei quali le unità sono fra loro omogenee riguardo alle variabili oggetto di studio). Gli strati sono definiti dalla concatenazione delle modalità identificative dei settori di attività economica (divisione Ateco 2007), delle classi di addetti (10-49 addetti, 50-249 addetti, 250 addetti e oltre) e delle regioni di localizzazione delle imprese (livello 2 della classificazione europea Nuts)[1]. La stratificazione adottata costituisce la partizione minima della popolazione che permette di ottenere i domini di stima come aggregazione di strati elementari. Il campione è stato costruito con lo scopo di fornire le stime dei totali, dei valori medi e dei valori percentuali delle variabili di interesse rispetto ai domini riportati nella seguente tabella:
Tipo di dominio | DESCRIZIONE | NUMERO DI DOMINI |
DOM1 | Divisione NACE Rev.2, ad eccezione delle Costruzioni per cui si considera la Sezione | 58 |
DOM2 | Sezione NACE Rev.2 x classe dimensionale (10-49 addetti, 50-249, 250 e oltre) | 33 |
DOM3* | Settore (‘EU Core’, ‘EU non-core’)* x classe dimensionale (10-249 addetti, 250 e oltre) x Regione NUTS (21) | 84 |
*I servizi ‘EU core’ sono riconducibili alle seguenti divisioni/sezioni Ateco: B, C, D, E, 46, H, J, K, 71,72,73.
La numerosità teorica del campione è stata ottenuta impiegando una metodologia sviluppata dall’Istat per la determinazione della dimensione campionaria ottima in presenza di molteplici vincoli e obiettivi. La metodologia impiegata adotta una generalizzazione dell’algoritmo proposto da Bethel (1989), in cui viene definito un problema di minimo vincolato con funzione obiettivo, rappresentata dal costo complessivo dell’indagine, e vincoli di tipo lineare. I vincoli sono rappresentati dai livelli massimi di errore ammessi nella stima delle principali variabili di interesse, espressi in termini di coefficiente di variazione e con riferimento al grado di dettaglio richiesto per i domini di stima finali. La ricerca dell’allocazione ottima è avvenuta assumendo numero di addetti, fatturato e spesa totale per l’innovazione come variabili d’interesse e impiegando le informazioni disponibili – in termini di medie e varianze – relative alla precedente occasione d’indagine Cis 2018 (periodo di riferimento: 2016-2018). Il dimensionamento del campione è stato, dunque, ottenuto imponendo alle stime delle tre variabili (numero di addetti, fatturato e spesa totale per innovazione) per dominio di studio un errore massimo pari al 10%.
La raccolta delle informazioni e il tasso di risposta
La lista di riferimento per le unità campionate è l’Archivio statistico delle imprese attive (Asia). Il campione di partenza è stato di circa 39.534 unità attive nel 2019. I rispondenti all’indagine sono risultati pari a 24.639 unità, pari al 62,3% delle imprese inizialmente selezionate.
La tecnica prescelta è stata quella dell’indagine postale con auto-compilazione di un questionario elettronico attraverso l’accesso personalizzato al sito web dell’Istat dedicato all’indagine: https://imprese.istat.it. Al primo invio dei questionari sono seguiti due solleciti rivolti a tutte le imprese non rispondenti e un terzo sollecito che ha interessato solo le imprese più grandi (con 500 addetti e oltre). Sia il primo contatto che i solleciti alle imprese sono stati effettuati mediante posta elettronica certificata.
La raccolta dei dati è avvenuta nel periodo ottobre-dicembre 2020. I risultati finali si basano su 23.669 risposte validate e al netto delle imprese fuori campo di osservazione o con variazione di stato e degli errori di lista.
L’elaborazione dei dati: processo, strumenti e tecniche
I dati dei rispondenti sono stati sottoposti a un processo di controllo e correzione articolato in 3 fasi principali e basato su procedure standard definite da Eurostat. La prima fase ha riguardato la localizzazione deterministica degli errori non campionari (errori di dominio, mancate risposte parziali, valori anomali e incompatibilità fra risposte, errori di codifica e di percorso), condotta sulla base degli edit specificati da Eurostat definiti a partire delle regole interne del questionario. Si è quindi proceduto all’imputazione dei valori mancanti e errati mediante l’implementazione sequenziale di procedure automatiche di tipo sia deterministico che probabilistico individuate in funzione della tipologia di variabile (quantitativa o qualitativa) e dell’errore riscontrato (incoerenze logiche, valori anomali, valori mancanti). In particolare, il processo di correzione si compone di tre passi:
- l’esecuzione iniziale delle procedure di imputazione logico-deduttiva che permette, sulla base di un sistema di vincoli e relazioni logiche tra le variabili, di eliminare tutte le incongruenze interne al singolo record;
- l’imputazione delle variabili quantitative, che viene effettuata utilizzando uno ‘stimatore rapporto’, basato su una serie di relazioni predefinite tra le variabili da imputare e alcune variabili ausiliarie ad esse altamente correlate;
- l’applicazione delle procedure di imputazione per le variabili qualitative (dicotomiche e categorico-ordinali) che utilizza il metodo del ‘donatore hot deck’ e consiste nell’individuare, per ogni record errato e rispetto a ciascuna specifica tipologia di variabile, il record donatore ‘più vicino’, i cui valori consentono al recipiente di soddisfare tutti gli edit. Il donatore è scelto in modo tale da minimizzare la distanza tra esso ed il ricevente.
Si è infine proceduto alla validazione dei dati mediante un confronto dei dati aggregati corretti e opportunamente ponderati con informazioni storiche o ausiliarie al fine di evidenziare eventuali situazioni ‘sospette’.
Data la tipologia campionaria dell’indagine, la stima dei totali delle variabili di interesse è stata calcolata attribuendo ad ogni unità rispondente un coefficiente di riporto o peso, indicante il numero di unità della popolazione rappresentate dall’impresa, inclusa se stessa. I pesi finali da associare alle unità rispondenti sono stati calcolati in base alla teoria dello stimatore di ponderazione vincolata di Deville e Särndal (1992), utilizzabile quando sono noti i totali per dominio di alcune variabili – c.d. variabili ausiliarie – correlate con quelle di interesse; le stime finali sono state prodotte per i domini di stima definiti. Il peso finale è stato calcolato in base alla metodologia di Deville e Särndal (1992) risolvendo un sistema di minimo vincolato. Sintetizzando, si può affermare che il vettore dei pesi finali è quello che, modificando il meno possibile il vettore dei pesi diretti corretti per mancata risposta totale, rispetta per ciascun dominio di stima la condizione di uguaglianza tra le stime dei totali delle variabili ausiliarie ed i corrispondenti totali noti della popolazione. Le variabili ausiliarie utilizzate per il calcolo dei pesi finali sono state: il numero di imprese e il numero di addetti, i cui valori sono noti dall’archivio Asia 2020 per tutte le unità della popolazione obiettivo. La convergenza delle stime delle variabili ausiliarie ai corrispondenti totali noti è stata realizzata congiuntamente per i tre domini di stima già definiti.
Il campione dei rispondenti è rappresentativo di un universo di 167.482 imprese attive nel 2020.
Al fine di valutare l’accuratezza delle stime prodotte da un’indagine campionaria è necessario tenere conto dell’errore campionario che deriva dall’aver osservato la variabile di interesse solo su una parte (campione) della popolazione. Tale errore può essere espresso in termini di errore relativo, cioè l’errore assoluto diviso per la stima, che prende il nome di coefficiente di variazione (CV). Nel seguente prospetto viene riportato l’errore relativo delle principali variabili per macro-settore e per classe dimensionale.
ERRORI RELATIVI (COEFFICIENTI DI VARIAZIONE) PER LE PRINCIPALI VARIABILI CIS.
Anni 2018-2020
L’output: principali misure di analisi
Obiettivo della rilevazione è fornire output utili ad analizzare strategie, comportamenti e performance innovative delle imprese europee.
I principali fenomeni osservati sono:
- la tipologia di innovazione (prodotto, processo);
- le modalità di sviluppo dell’innovazione;
- le attività svolte e le spese sostenute per l’innovazione;
- l’impatto economico dell’innovazione (espresso in termini di quota di fatturato derivante da prodotti innovativi);
- il sostegno pubblico all’innovazione e le forme di finanziamento privato all’innovazione;
- gli accordi di cooperazione stipulati nei processi di innovazione;
- i fattori di ostacolo all’avvio o alla realizzazione delle attività innovative;
- l’introduzione di innovazioni che hanno avuto un impatto positivo sull’ambiente;
- l’impatto dell’emergenza sanitaria da Covid-19 sulle attività innovative.
Informazioni sulla riservatezza dei dati
I dati raccolti dalla Rilevazione sono tutelati dal segreto statistico e sottoposti alla normativa sulla protezione dei dati personali. Questi possono essere utilizzati, anche per successivi trattamenti, esclusivamente per fini statistici dai soggetti del Sistema statistico nazionale e possono essere comunicati per finalità di ricerca scientifica alle condizioni e secondo le modalità previste dall’art. 7 del Codice di deontologia per i trattamenti di dati personali effettuati nell’ambito del Sistema statistico nazionale. Le stime sono diffuse in forma aggregata in modo da non poter risalire ai soggetti che li forniscono o ai quali si riferiscono.
Copertura e dettaglio territoriale
Le principali stime sull’innovazione sono disponibili anche a livello di macro-ripartizione territoriale e a livello regionale.
Tempestività
Come da Regolamento Ue n. 2152/2019, le stime prodotte sul 2018-2020 sono rilasciate ad Eurostat a t+18 mesi.
Diffusione
I dati sono disponibili su I.Stat, la banca dati delle statistiche correntemente prodotte dall’Istituto nazionale di statistica (http://dati.istat.it/).
L’intero set informativo sarà disponibile nei prossimi mesi presso il laboratorio Adele. Il Laboratorio ADELE (per l’Analisi dei Dati ELEmentari) è un ambiente “sicuro” in cui ricercatori di università, istituti, enti di ricerca o organismi, cui si applica il Codice di deontologia per i trattamenti statistici effettuati al di fuori del Sistan (allegato A.4 del D.lgs. 30 giugno 2003, n. 196), possono condurre analisi statistiche che necessitano dell’utilizzo di dati elementari.
Alcuni indicatori sull’innovazione sono diffusi anche tramite le seguenti pubblicazioni dell’Istat:
Rapporto sulla competitività dei settori produttivi;
Rapporto SDGs: Informazioni statistiche per l’Agenda 2030 in Italia
[1] La regione attribuita all’impresa è quella della sede legale o amministrativa come risulta dall’archivio delle imprese attive (Asia) di riferimento.
[i] Tutti i dati sull’innovazione nelle imprese relativi al triennio 2016-2018 sono disponibili sul corporate datawarehouse di I.Stat all’interno del tema Imprese.
[ii] La propensione all’innovazione è misurata come percentuale delle imprese che hanno svolto attività finalizzate all’introduzione di innovazioni nel triennio 2018-2020 sul totale delle imprese attive nel 2020.
[iii] In questo Report si definiscono ‘piccole imprese’ le imprese con 10-49 addetti, ‘imprese di media dimensione’ le imprese con 50-249 addetti, ‘grandi imprese’ le imprese con 250 addetti e oltre.
[iv] In questo Report, l’Industria è l’“industria in senso stretto”, cioè l’insieme delle attività economiche appartenenti alle seguenti sezioni Ateco: B, C, D ed E.
[v] L’innovazione di prodotto consiste nell’introduzione sul mercato di un prodotto o di servizio nuovo, o significativamente migliorato, rispetto alla gamma di prodotti e servizi precedentemente venduti sul mercato dall’impresa. Tra le innovazioni di prodotto sono inclusi anche i cambiamenti significativi al design di un prodotto e i prodotti e i servizi digitali nuovi (o significativamente migliorati). Sono invece esclusi il commercio (inteso come semplice rivendita) di nuovi prodotti e nuovi servizi acquistati da altre imprese e le novità di natura puramente estetica.
[vi] Le differenti tipologie di innovazioni di processo considerate dalla Rilevazione riguardano i seguenti aspetti aziendali: i processi e i metodi di produzione; la logistica, la distribuzione e la fornitura dei prodotti e servizi; i sistemi informativi e i processi di elaborazione e comunicazione dell’informazione; i sistemi contabili e le altre attività amministrative; le pratiche di organizzazione aziendale e le relazioni dell’impresa con l’esterno; l’organizzazione del lavoro e la gestione delle risorse umane; le pratiche di marketing.
[vii] Questa categoria di innovatori è rappresentata da imprese che hanno realizzato prodotti innovativi per il proprio mercato di riferimento (ossia, prodotti commercializzati per la prima volta). Tali prodotti possono comunque essere già presenti in mercati differenti da quelli in cui l’impresa opera. Il mercato di riferimento va inteso sia in termini geografici (regionale, nazionale, europeo, ecc.) sia in termini merceologici (tipologia di prodotti-servizi venduti).
[viii] La quota percentuale è calcolata sul fatturato totale delle imprese.
[ix] I quesiti relativi alle modalità di sviluppo delle innovazioni di prodotto e di processo contemplavano risposte multiple.
[x] Gli addetti qui considerati sono quelli delle imprese con attività innovative.
[xi] Le spese per R&S intra-muros riguardano le spese sostenute per l’attività di Ricerca e Sviluppo svolta all’interno dell’impresa.
[xii] Le spese sostenute per la R&S extra-muros consistono nelle spese sostenute per l’attività di Ricerca e Sviluppo commissionata ad altre imprese (anche dello stesso gruppo) o a istituzioni pubbliche e private.
[xiii] Queste spese riguardano: le spese per beni e servizi destinati all’innovazione; le spese per il personale interno impegnato nelle attività di innovazione; altre spese in conto capitale per l’innovazione (spese per l’acquisto di aree e immobili, impianti, macchinari, attrezzature e beni mobili, software, diritti di brevetto industriale e diritti di sfruttamento di opere dell’ingegno). Includono tutte le spese direttamente connesse all’innovazione, ma non alle attività di R&S.
[xiv] Finanziamenti da amministrazioni centrali dello Stato (Ministeri) o altre istituzioni che agiscono per loro delega.
xvi Finanziamenti dal Programma Quadro europeo per la Ricerca e l’Innovazione “Horizon 2020” o da altre istituzioni dell’Ue. “Horizon 2020” è il Programma quadro dell’Unione europea per finanziare ricerca e innovazione avviato il 1° gennaio 2014. Della durata di sette anni (2014-2020), è il Programma Quadro nel quale sono integrati tutti i finanziamenti per la ricerca e l’innovazione. Succede a sette programmi quadro precedenti, con l’obiettivo di riunire in un unico programma tutte le attività relative alla ricerca e all’innovazione e di semplificare la struttura e le procedure.
[xvi] La cooperazione per l’innovazione può assumere diverse forme, quali alleanze, joint venture, accordi contrattuali, licenze e partnership. Secondo la definizione europea (Eurostat), per cooperazione nelle attività innovative si intende la partecipazione attiva a progetti di R&S o comunque finalizzati all’innovazione di prodotto o di processo. Sono compresi anche i rapporti di cooperazione che si attivano con un’impresa fornitrice di un nuovo macchinario di produzione (innovazione di processo) qualora sia richiesto l’intervento tecnico di un esperto esterno ai fini dell’installazione del macchinario o dell’adattamento del macchinario al sistema produttivo dell’impresa, mentre è esclusa l’esternalizzazione di alcune attività. Non è necessario che la partecipazione abbia determinato dei vantaggi commerciali immediati.
[xvii] Il quesito relativo agli ostacoli all’innovazione richiedeva alle imprese rispondenti di assegnare un livello di gravità ai diversi fattori proposti (molto, abbastanza, poco, nullo). In questo Report, consideriamo la gravità medio-alta (ossia, le risposte ‘molto’ e ‘abbastanza’). Il quesito contemplava risposte multiple.
[xviii] Il quesito relativo ai driver dell’innovazione a basso impatto ambientale richiedeva alle imprese rispondenti di assegnare un livello di gravità ai diversi fattori proposti (molto, abbastanza, poco, nullo). In questo Report consideriamo l’importanza medio-alta (ossia, le risposte ‘molto’ e ‘abbastanza’). Il quesito contemplava risposte multiple.