Il colpo di Stato in Niger dello scorso luglio 2023 ha colto tutti di sorpresa e quanto questo improvviso mutamento politico può avere impatti per l’Occidente è ancora da quantificare, ma sappiamo già che ci saranno conseguenze.
E’ un tema che ricorre in una economia globalizzata e sempre più interconnessa e interdipendente: il Niger infatti, secondo fonti dell’Euratom, l’agenzia Europea per l’energia atomica, è il principale fornitore di uranio delle centrali nucleari Europee, in primis di quelle francesi, con il 25% del totale del fabbisogno annuo.
Nel 2021, secondo i dati Euratom, seguono nelle forniture di uranio verso l’Europa il Kazakhstan con una percentuale di fornitura appena più bassa, la Russia con il 20% circa e a seguire Australia e Canada che rappresentano circa il 15% ciascuna.
Dopo la dipendenza dal Gas Russo l’UE scopre la dipendenza dall’Uranio
Insomma dopo la dipendenza dal gas russo, l’Europa scopre un’altra dipendenza energetica, quella dell’uranio, da Paesi non esattamente amici in alcuni casi e in altri destabilizzati da questioni politiche come il recente golpe in Niger.
Naturalmente l’uranio non è utilizzato soltanto per produrre energia nucleare, ma ha molte altre applicazioni nell’economia Occidentale, per esempio nella costruzione di armamenti nucleari.
Il Niger rappresenta un importante bacino di estrazione di questo prezioso minerale, e soprattutto per la Francia, che qui con una sua azienda, la Orano, azienda misto pubblico-privata, estrae oltre la metà dell’uranio presente in Niger.
La nuova leadership del Paese africano potrebbe cambiare politica e magari estromettere da questo business le aziende Occidentali e mettendo a rischio le forniture di uranio in Francia e in Europa. Attualmente non ci sembrano pervenuti segnali in merito e gli operatori europei sembrano ottimisti sul fatto che rimangano ad operare su quel territorio, avendo tra l’altro impiegato la stragrande maggioranza di personale dipendente locale.
Senza un Niger amico nuovi e più massicci flussi di migranti in arrivo in Europa?
Un danno doppio se si pensa anche all’impegno profuso dall’Unione Europea e dalla Francia in primis per mantenere in questo Paese un minimo di stabilità politica con investimenti di parecchi milioni di euro e con il supporto militare per l’addestramento dell’esercito locale allo scopo di mantenere al potere un regime politico amico.
Il Niger è un partner per l’Europa non solo per le forniture di Uranio, ma anche per quanto riguarda la collaborazione nel blocco dei flussi dei migranti che partono dal Sahel. Il cambio improvviso del regime al potere potrebbe far aumentare l’arrivo di migranti verso l’Africa del Nord e da qui in Europa, con scopi eventualmente destabilizzanti per il territorio dei Paesi UE.
Un fatto da non trascurare perché la zona del Sahel è controllata militarmente da milizie di matrice islamica come i noti Boko Haram, con il timore, che proprio a causa degli attriti tra Russia e Occidente, si possano affiancare a questi gruppi armati della Wagner per mettere un’altra spina nel fianco ai nemici europei attraverso l’uso dei flussi migratori.
La Russia dietro il golpe in Niger?
A distanza di pochi giorni dagli eventi non è ancora chiarissimo il ruolo della Russia in questo colpo di Stato: le bandiere che abbiamo visto esposte nelle riprese dei media e della TV potrebbero solo rappresentare la ricerca, da parte dei golpisti, di una sponda da parte di Mosca, che in questo momento è in deciso attrito con l’Occidente a causa della crisi Ucraina.
Non è quindi detto che siano vere le teorie che abbiamo visto apparire sul web nei giorni scorsi per cui questo colpo di Stato sia stato orchestrato dalla Russia come una sorta di contrattacco politico-economico indiretto verso l’Europa.
Il potere della nuova giunta militare in Niger, guidata dal generale Abdourahamane Tchiani, è ancora da consolidare e il consenso da ottenere. Al momento sappiamo che il ritorno del presidente Bazoum, precedentemente in carica, sarebbe fortemente auspicato da buona parte della comunità internazionale e in effetti anche la Russia ha ufficialmente espresso la medesima posizione in merito.
L’ultimatum di Ecowas e gli spettri di una nuova guerra Africana
Ad aggiungere tensione in quella zona calda dell’Africa l’ultimatum che scade oggi della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas – Economic Community of West African States) si era detta pronta a intervenire militarmente se non fosse tornato al potere il precedente Presidente del Niger.
La Francia, subito dopo il colpo di Stato, in un primo tempo, ha dichiarato la possibilità di un suo intervento armato diretto nella zona e si è anche impegnata a sostenere tutte le iniziative regionali orientate a ripristinare l’ordine costituzionale in Niger e a far tornare al suo posto il Presidente Bazoum.
Gli interessi del Paese europeo nella zona sono molteplici e di importanza strategica, ma sui media di tutto il mondo sono già arrivate le risposte a questo possibile intervento francese da parte degli Stati confinanti con il Niger: non sarebbe tollerata secondo alcuni come il Mali ed il Burkina Faso, che hanno apertamente detto che l’intervento militare francese sarebbe visto come una dichiarazione di guerra nei loro confronti.
Una situazione davvero tesa e complessa, con articolazioni politico-strategiche complicate e dall’esito decisamente incerto. L’unica certezza è la possibilità di un significativo contraccolpo nelle politiche di influenza della Francia e dell’Europa presso Paesi strategici come il Niger.