A partire dal secondo decennio del nuovo secolo si è iniziato a parlare di Industria 4.0, in particolare in Germania e da qui in tutta Europa ed oltre, facendo riferimento principalmente all’interconnessione delle macchine e delle persone dentro la cosiddetta Smart Factory, ma più in generale alle 9 tecnologie abilitanti che compongono questo nuovo paradigma industriale.
Per le precedenti 3 rivoluzioni industriali abbiamo elementi certi per individuarne sia il periodo di accadimento, che le principali innovazioni che le hanno contraddistinte:
Le prime 3 rivoluzioni industriali
Prima rivoluzione industriale verso la fine del ‘700 con l’introduzione per prima in Inghilterra della macchina a vapore nel settore tessile e metallurgico
Seconda rivoluzione industriale convenzionalmente fatta iniziare un secolo dopo, nel 1870, con l’arrivo dell’energia elettrica, l’avvento della chimica e del petrolio nei settori produttivi
La terza rivoluzione industriale che dal 1970, di nuovo circa un secolo dopo dalla precedente, si è contraddistinta per l’uso massivo di elettronica, informatica e telecomunicazioni nei sistemi economici e produttivi.
La quarta rivoluzione industriale – Industria 4.0 e il passaggio alla Società 5.0
La quarta rivoluzione industriale è arrivata circa 40 anni dopo la sua precedente, ma della quinta rivoluzione industriale se ne parla già dal 2021, nemmeno quasi un decennio dalla prima volta in cui apparve il termine Industry 4.0.
Dell’Industria 5.0 si parla nel mondo aziendale dopo la pubblicazione del policy briefing della Commissione Europea nel gennaio 2021.
Era un passo obbligato perché il focus di questo nuovo paradigma economico ed industriale non è più quello meramente di avanzamento tecnologico come avvenne nelle precedenti quattro rivoluzioni industriali, ma è anche e soprattutto sociale.
La Commissione Europea parla infatti di un’economia Europea sostenibile, centrata sull’uomo e resiliente al cambiamento: in effetti si tratta di una sorta di nuovo Umanesimo.
Stop al profitto: efficacia ed efficienza aziendale solo a certe condizioni
Il concetto di Industria 5.0 prende spunto dalla considerazione che un approccio puramente orientato al profitto aziendale è definitivamente assodato che sia insostenibile. Pertanto il mondo della produzione industriale e dei servizi deve rivedere il proprio scopo, che ha necessariamente impatti sociali ed ambientali, per cui non dovrà mirare solo ad una innovazione finalizzata principalmente ad aumentare l’efficacia e l’efficienza in termini di costi per poter conseguire l’obiettivo di massimizzazione dei profitti, ma anche ad incrementare la prosperità per tutti i soggetti coinvolti: investitori, lavoratori, consumatori, società e ambiente.
Non è un caso che anche gli standard volontari del comitato ISO a partire dal 2015 (serie 9001, 14001, etc.) hanno esattamente promosso l’approccio verso una analisi del contesto in cui opera l’azienda prendendo come riferimento aspettative e bisogni delle parti interessate come elemento di rischio per poter conseguire i propri obiettivi di business.
Sarà un mondo “Human Centered”
Nel mondo dell’industria 5.0 si prevede quindi un approccio “Human Centered” dove l’azienda prende nota dei bisogni e degli interessi fondamentali dell’uomo come input al proprio processo di produzione, anziché concentrarsi unicamente sulle tecnologie emergenti e sulla loro potenziale capacità di aumentare l’efficienza produttiva.
Industria 5.0 cerca forse di fornire finalmente delle risposte ai quesiti di alcuni filosofi del ‘900, in primis Gunther Anders, che vedeva nel rapporto uomo-macchina, già in quegli anni la conduzione del gioco da parte della macchina e non dell’uomo: quindi anziché domandarci che cosa ancora possiamo fare con la nuova tecnologia, chiediamoci che cosa la tecnologia può fare per l’uomo.
Sostenibilità ambientale ed energetica tra gli obiettivi di Industria 5.0
Non solo l’uomo al centro dell’azione del nuovo paradigma industriale: si parla infatti con Industria 5.0 di sostenibilità e pertanto l’ambiente diventa un’altra parte interessata da cui partire per poter produrre beni o servizi.
L’obiettivo è di consumare meno risorse, promuovere l’economia circolare, ridurre dell’energia necessaria per produrre al fine di consentire alle generazioni future di poter soddisfare parimenti alle nostre i loro bisogni. Anche in questo caso tecnologie come l’intelligenza artificiale o la manifattura additiva o il riciclo di rifiuti per poter rigenerare materia prima sono strumenti che potranno contribuire allo scopo.
Resilienza e accorciamento delle filiere – l’Industria 5.0 è no-global?
Infine la Commissione Europea, dopo le evidenti crisi che ci hanno lasciato alle spalle grandi problemi come quella del Covid-19 e della crisi Russo – Ucraina, due cigni neri (secondo le teorie sviluppate da Nassim Nicholas Taleb “eventi inaspettati di grande portata e grandi conseguenze”) apparsi uno dopo l’altro, parla dal 2021 di resilienza, riferendosi alla necessità di sviluppare una produzione industriale più solida e meglio preparata a far fronte a malfunzionamenti, capace di fornire e sostenere le infrastrutture fondamentali, specie in tempi di crisi, con particolare attenzione a tutto ciò che potrà essere critico per gestire in modo ottimale le catene di fornitura: un inizio verso la de-globalizzazione?