Lo studio riconduce le figure professionali rilevanti per Industria 4.0 a tre filoni:
1. professioni inerenti il trattamento e l’analisi delle informazioni (big data, business intelligence)
2. professioni attinenti alla progettazione di applicazioni associate ai nuovi media e ai social network
3. professioni legate all’automazione dei processi produttivi e logistici
Il dato è l’elemento che crea valore all’interno della nuova rivoluzione industriale, la capacità di raccogliere dati, analizzarli, processarli sarà fattore comune a tutte le professioni.
I nuovi posti di lavoro nel mondo che si andranno a creare tra il 2020 e il 2023 (fonte: CITI and Oxford Martin School e dati Adecco, Unioncamere, Anpal, Excelsior):
Il 24% dei 60 milioni di posti che si creeranno saranno nell’IT di cui il 30% per esperti Intelligenza artificiale e Big data, il 41% per ingegneri informatici, il 17% per sviluppatori di software e coding, il 12% per professionisti dell’IOT, internet of things (domotica e altro) ed esperti di comunicazione digitale ed e-commerce che in questo ultimo periodo è cresciuto in modo esponenziale anche per il lockdown e lo smart working ‘forzato’.
Le imprese digitali cercheranno tra i 210 mila e 267 mila lavoratori con specifiche competenze matematiche e informatiche per i lavori digitali.
Lo dicevano già dal 2017 gli studi dell’Osservatorio Statistico dei Consulenti del lavoro:
Le professioni più in crisi come dipendenti delle imprese private sono i segretari amministrativi, archivisti e tecnici degli affari generali (-42,4 mila). Seguono i contabili (-30,9 mila), i tecnici statistici (-25,4 mila), i tecnici del lavoro bancario (-16 mila), gli istruttori di tecniche in campo artistico (-13,8 mila) ….
Le nuove professioni da formare sono legate alle nuove tecnologie additive, la robotica, le nanotecnologie, la stampa 3D, le biotecnologie. Cambia il ruolo dell’operaio che da addetto alla catena di montaggio diventa più specializzato e con più responsabilità. Per lavorare nell’Industria 4.0 occorrono quindi specializzazione e competenze digitali.
I dati della Commissione europea ci dicono che entro il 2020 ci saranno dai 500 mila ai 700 mila posti di lavoro disponibili per professionisti dell’Ict e di Industria 4.0. Ma solo il 3,6% della forza lavoro in Europa ha una specializzazione tecnologica e soltanto il 56% degli europei ha competenze digitali di base.
Formazione e lavoro procedono di pari passo nell’Industria 4.0, la formazione deve caratterizzare il percorso lavorativo di un individuo: dalla scuola, all’esperienza sul campo durante il periodo scolastico, alla formazione continua durante l’intera vita lavorativa.
Secondo il World Economic Forum, nei prossimi 3 anni, a livello globale, l’evoluzione del mondo del lavoro – accelerata dalla tecnologia, dal digitale e dell’automazione – determinerà la nascita di 133 milioni di nuove opportunità occupazionali, a fronte di 75 milioni di posti di lavoro destinati a scomparire.
Unioncamere stima che solo in Italia, ci sarà bisogno di 2.5 milioni di occupati in più. Secondo il dossier 2020 Unioncamere-ANPAL, il 75% delle aziende italiane dichiara che, per fare fronte alla crisi, nei prossimi sei mesi metterà in campo azioni di reskilling del personale già presente in azienda.
Fondamentale, dunque, l’acquisizione di nuova conoscenza, sia tecnica che trasversale, tanto per gli studenti quanto per i professionisti.
Le soft skills, in particolare, sono destinate ad avere un impatto determinante sulle retribuzioni, fino a incrementare uno stipendio di oltre il 40%.
Inoltre, resta attuale la criticità rappresentata dalla distanza che separa le competenze richieste dal mercato con quelle proposte dai programmi scolastici e universitari: lo skill mismatch impatta negativamente sia sui lavoratori che sulle aziende, frenando la crescita dell’intero sistema- Paese.
Il cambiamento del lavoro è già in atto. I profili dei lavoratori sono molto diversi da quelli del modello fordista ormai da tempo superato. Oggi i lavoratori operano più in autonomia, stanno acquisendo un alto livello di competenze e capacità e la componente intellettuale è divenuta centrale. Mentre il lavoro manuale è sempre più marginale.
Ecco le caratteristiche dei lavoratori del futuro:
Un pensiero computazionale che sia in grado di tradurre grandi quantità di dati in concetti astratti e di capire il ragionamento basato sui dati, capacità di sviluppare contenuti efficaci per i social media, l’abilità di operare in contesti culturali diversi, lavorare in modo produttivo anche con un network virtuale, curiosità e capacità di comprensione di concetti in più discipline, abilità di connettersi agli altri e interagire in modo critico, pensare e trovare soluzioni che vanno oltre a ciò che è noto e basato sulle regole, abilità di giudizio e interpretazione.